Ovvero l’incredibile talento artistico di una poetessa americana, una scrittrice londinese e una pittrice messicana, in pochi paragrafi.
Non c’è niente di meglio e di peggio che leggere i Diari di Sylvia Plath durante giornate piovose, sorseggiando una cioccolata calda bollente, al riparo nella propria abitazione. Non c’è niente di peggio e di meglio. Poetessa dal piacevole aspetto, dal talento naturale e dalla depressione stagionale, la Plath vive all’ombra del marito Ted Hughes, fino alla sua morte per suicidio, quando finalmente ottiene il riconoscimento per le sue opere, più che meritato. Ombra del coniuge la è anche Frida Kahlo, in realtà più fortunata della poetessa prima citata, ma pur sempre donna, per nascita penalizzata nell’ascesa in ambito artistico. E in qualsiasi altro ambito. La terza punta del triangolo si chiama Virginia Woolf, e il suo saggio più celebre ci parla di donne che invidiano i privilegi degli uomini, che hanno troppi pochi spazi personali e ancora meno possibilità di esprimersi attraverso l’arte. Nonostante questa premessa scoraggiante, i nomi di queste tre eroine sono noti, sono celebri e temuti. Culti per le giovani donzelle contemporanee che, come queste tre muse, lottano per creare opere d’arte di qualsiasi tipo. Perché proprio loro sono così memorabili? Cerchiamo di scoprirlo attraverso le loro opere.
Leggendo le memorie della poetessa americana salta subito all’occhio, dopo aver letto poche pagine, l’altalenare disturbante del suo umore, che raggiunge picchi di estrema soddisfazione e speranza, per poi ricadere negli inferi più cupi, in una vera e propria depressione. Sylvia Plath era affetta da un disturbo bipolare, enormemente diagnosticato e diffuso al giorno d’oggi, che l’ha portata molto spesso a tentare il suicidio, fino alla sua riuscita effettiva. Il disturbo maniacale-depressivo è il paradiso e l’inferno dell’autrice, bianco e nero, carnefice e salvatore, in quanto, grazie ai periodi chiamati “ipomaniacali”, riesce a trovare enormi stimoli per scrivere. La campana di vetro, romanzo illustre della Plath, nasce come racconto semi autobiografico dell’autrice, nel quale descrive accuratamente gli stessi episodi depressivi che l’hanno per tanto tempo torturata e scoraggiata.
Sylvia Plath è un esempio positivo per le ragazze e i ragazzi affetti da sindromi depressive, in quanto consiglia e segue per prima percorsi di terapia e assume cure psichiatriche. I Diari dell’autrice, nonostante siano impregnati di malinconia e di insicurezza, sono un inno al “volere stare meglio”, un continuo tentativo da parte dell’autrice di spronarsi a rialzarsi, a volte con successo, altre volte no. Un messaggio molto positivo per gli adolescenti nati sotto la stella malsana del “bisogna essere in grado di risolvere da soli i propri problemi”.
Fin da bambina mi sono sempre chiesta: “Perché il mio libro di storia dell’arte non nomina mai delle artiste donne? Le donne non posso dipingere o produrre meraviglie come gli uomini?” Quesiti persistenti nella mia vita di studentessa, trascorsa tra i banchi di scuola, cinque ore al giorno per più di dieci anni, a sentir nominare uomini che fanno la guerra, uomini che fanno l’arte, uomini che inventano la filosofia, uomini che scrivono romanzi. Mai avevo sentito il nome della grande artista messicana Frida Kahlo, e tutt’ora mi domando il motivo. La pittrice non solo si distingue per il suo talento artistico, che la porterà alla fama mondiale, ma anche per la sua vita bizzarra e tragica, che la avvicina all’arte in un modo molto originale. Si scontra con l’arte in seguito ad un incidente gravissimo: tornando a casa dopo l’orario scolastico, il suo autobus viene investito da un tram e lei è costretta a rimanere bloccata a letto con la colonna vertebrale spezzata, le costole e il femore frantumati; la gamba riporta più di una decina di fratture e anche il resto del corpo viene danneggiato. È questo tragico avvenimento che la avvicina alla pittura per la prima volta. I genitori assecondano fin da subito la passione per la figlia, regalandole colori e attrezzatura utile per la pittura dal letto.
La sua vita è distinta da una forte tendenza comunista e dal suo amore maniacale per l’artista Diego Rivera, colpito dal talento della giovane Frida, che diventerà presto suo marito. Il loro matrimonio è un susseguirsi di tradimenti, di separazioni ma al contempo di rispetto reciproco e di pura tenerezza da ambedue le parti. Lui rimarrà vicino alla sua donna fino alla sua morte, fino alla fine. Non ho ancora risposto ai miei quesiti iniziali, mia una cosa è certa: Frida Kahlo è stata, ed è, una tra gli artisti più influenti del ventesimo secolo!
(Per approfondire la tragica vita della pittrice, consiglio vivamente la lettura della biografia pubblicata per la collana “Grandi donne”, di RBA, disponibile in edicola!).
Dulcis in fundo, nel 1882 nasce, a Londra, una donna talentosa ed eccentrica. Diversa dalle altre della sua specie. Destinata a diventare una stella, è entrata a far parte del firmamento letterario con un numero altissimo di opere, tra saggi, biografie e romanzi. Esponente della corrente modernista inglese, la fama arriva con la pubblicazione di Mrs Dalloway (1925). Avete sicuramente capito di chi sto parlando.
Ricollegandomi alla Plath prima citata, le due autrici condividono una forte tendenza maniaco-depressiva, probabilmente, nel caso di Virginia, provocata dai numerosi traumi e abusi subiti durante l’infanzia. Tralasciando per un momento le sue problematiche psicologiche, la Woolf vive anche momenti abbastanza sereni: uno di questi è sicuramente il trasferimento a Bloomsbury dove, insieme alla sorella Vanessa e ad altri artisti del luogo, fonderà il circolo letterario intellettuale, conosciuto come Bloomsbury Group. Fonderà una casa editrice con il marito Leonard, che prende il nome di Hogarth Press, presso la quale pubblicheranno artisti incredibilmente celebri come Joyce, Svevo, Vita Sackville West, Freud…
La scrittrice è un’attiva femminista e più volte, nelle sue opere, si ritrova a riflettere sulla condizione del suo sesso in ambito politico e sociale. Ovviamente anche in ambito artistico (soprattutto, oserei dire!).
La sua vita, in poche parole, è un alternarsi di romanzi di successo, racconti pubblicati sui giornali, conferenze sulla letteratura, ma anche di crisi depressive, sconforto, solitudine, tradimenti. L’avvento della seconda guerra mondiale è la goccia che fa traboccare il suo vaso, portandola ad un suicidio silenzioso, che farà rimpiangere a molti di non averla salvata in tempo.
Per concludere, nonostante non esista un oggettivo collegamento tra queste tre figure di spicco del novecento, quello che mi hanno trasmesso tutte e tre insieme è difficile da definire a parole. Le loro opere non sono per forza più toccanti di quelle di autori uomini, i dipinti di Frida non sono migliori di quelli di Van Gogh, forse. Ciò che voglio comunicare con questo mio breve monologo scritto è che certe volte conoscere la storia di una persona può aiutarci ad affrontare meglio la nostra stessa vita. Per questo mi sento di dire che quello che contraddistingue queste tre donne dai loro “avversari” dell’altro sesso non è tanto il contenuto o la qualità delle loro opere, ma il loro vissuto, le loro difficoltà, perché è ormai un dato di fatto che chi nasce donna non può evitare la sofferenza, senza nessuna eccezione. Ed è per questo che ringrazio Sylvia di aver condiviso con noi la sua difficile lotta con la salute mentale, Frida per averci raccontato, attraverso i suoi dipinti, la sofferenza del suo corpo e Virginia, ultima ma non per importanza, che sempre ricorda a me e a tutte le mie compagne che la regola principale per essere una donna felice è quella di essere felice di essere donna!
Fiore
🫶🏻💗
RispondiEliminaMolto interessante
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