21 agosto 2023

Il volto laico-cristiano di Michelangelo Merisi

Michelangelo Merisi da Caravaggio, tra i nomi più abusati e controversi della storia dell’arte moderna. Definirlo provocatorio e dissacrante è, non solo riduttivo, ma anche opinabile. C’è chi vede nella sua personalità irascibile, ma geniale, i presupposti per la nascita di una forma artistica cruenta ma enigmatica, laica e contemporaneamente cristiana. La sua produzione artistica segue degli snodi canonici che assecondano pedissequamente le tappe più emblematiche della sua vita personale e professionale e che, puntualmente, secondo una lettura differente, possono subire una reinterpretazione innovativa.

L’arte caravaggesca assume un fascino eterno, riscoperto in epoca più contemporanea, ma dagli echi forti e potenti, destinati a risuonare nei secoli successivi. Nonostante le proprie origini umili, il pittore lombardo non cela l’anelito ad un sempre più crescente riscatto personale e, per questo, grazie ai forti legami familiari che lo legano a Roma, giunge nella capitale papale e triumphans dell’epoca, mettendo in campo il proprio estro e la propria genialità. Perché ancora oggi le opere di Caravaggio, così forti, cruente e vere ci colpiscono? Forse perché in lui sussiste un forte aggancio alla nostra realtà, una dimensione che della crudeltà e spesso, cinismo, fa il proprio stendardo socio-culturale. Ci basti pensare al gusto per l’orrido, che quasi vivifica l’interesse personale di ciascuno, o all’ostentata indifferenza di chi, di fronte agli stenti e alle difficoltà del prossimo, preferisce voltare le spalle, o abbassare lo sguardo. Ecco perché la pittura così vera e reale di Caravaggio, che non si stanca mai di rappresentare gli umili, i derelitti, ma anche la violenza e l’orrore del mondo, a noi non spaventa, ma, al contrario, viene percepita come vicina e contemporanea.

Soffermandosi più puntualmente sulla carriera artistica del nostro pittore di origini lombarde, la critica dell’arte ha canonicamente, da sempre, esposto i punti cruciali e salienti che hanno visto la nascita dello stile e dei temi di cui si appropria abitualmente l’artista. Le sue composizioni, come ben noto, riguardano le nature morte, un genere che nel Cinquecento assume delle rielaborazioni importanti. Ma cosa c’entrano le nature morte con la doppia faccia laico-religiosa che sussume lo stesso Caravaggio? Non di rado, numerosi studiosi d’arte tra cui Graham Dixon e Calvesi, hanno ipotizzato come temi di ascendenza comune e quotidiana, esempio le stesse nature morte, celino, di fronte all’apparente semplicità, dei chiari rimandi religiosi. Nello specifico è stato ipotizzato, in più occasioni, l’evidente riferimento al poemetto profano del Cantico dei Cantici, che parla dell’amore condiviso da uno Sposo e dalla sua Sposa e dalla frutta che l’uomo dona alla propria promessa. Tutto il pomario enunciato nel poemetto compare puntualmente nella frutta dipinta da Caravaggio nelle sue più iconiche opere, Canestra di frutta, Fanciullo con canestra di frutta, Ragazzo morso da un ramarro. Il simbolismo retrostante le opere caravaggesche è vario, multiforme e dalle mille interpretazioni. Ci basti pensare alle opere lontane dal repertorio religioso che, nonostante ciò, si avvicinano alla cristianità riproducendo spesso le fattezze fisiche dello Sposo del Cantico, associato allo stesso Gesù Cristo. È proprio il caso del fanciullo dai tratti androgini, capelli scuri e carnagione porcellanata dell’opera Fanciullo con canestro di frutta

Anche le opere più prettamente di afferenza cristiana non celano evidenti rimandi altri, simbolici e allegorici. Parliamo di opere come Riposo durante la fuga in Egitto, in cui si staglia netta e potente la differenza tra l’emisfero della vita e della gioventù, di contro a quello della morte e della vecchiaia, Maria-Giuseppe. Dunque, la natura rigogliosa contrasta con la natura arida e secca. Non solo, non manca il canonico riferimento al Cantico dei Cantici, proprio uno dei suoi versetti è riprodotto nello spartito musicale dell’angelo che amorevolmente lo suona come una ninna nanna per il piccolo Bambino Gesù.

Opere di carattere profano come Bacco o Bacchino malato evidenziano invece ulteriori riferimenti cristologici, l’uva che rimanda all’Eucaristia e al Sangue di Cristo, l’uva che da nera diviene dorata è simbolo della Resurrezione come passaggio dalla morte alla vita. La posizione delle gambe è anche denotativa, poiché esprime simbolicamente la rinascita e la vita che ritorna. 

Nel vasto operato artistico di Michelangelo Merisi non mancano numerosi esempi di decriptazione simbolico-allegorica e non risultano scevre le opere di commissione pubblica, come La Morte della Vergine, in cui il criptico ventre gonfio (in realtà simbolo del suo Immacolato Concepimento) destò scandalo nella società dell’epoca. Caso analogamente dibattuto riguarda la Madonna del serpe o dei Palafrenieri, che cerca di reinterpretare la bolla di Pio IV che stabiliva come il Male, il serpente cioè, venisse schiacciato dalla Madre con l’aiuto del Figlio. Ostili le opinioni dell’ambiente romano dell’epoca verso opere come la Madonna dei Pellegrini o la Deposizione, che non mancano di dare luce e centralità ai poveri, agli umili, nella loro miseria ed anche sporcizia, secondo l’ala pauperistica a cui Caravaggio era devoto. 


Caravaggio si mostra così, non solo affine agli insegnamenti del mondo degli Oratoriani e della religione pura, degli arbori, ma esprime anche una forma di estro che riesce a trovare una perfetta messa in forma di questi dogmi ed ideali religiosi anche in opere in chiave laica.

Marika Inzerillo

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