Nel nono album in studio i Blur, mai domi e sempre capaci di sorprendere, riescono a imprimere la loro creatività, la capacità di innovarsi e quello stile alternative rock così intimo, che li ha consacrati nell’olimpo della musica mondiale.
Una storia di amicizia e un fenomeno diventato in poco tempo mondiale: l’ascesa dei Blur come paladini del Britpop
La storia della band britannica inizia da un’amicizia tra Damon Albarn e Graham Coxon, a cui si unirono poi il bassista Alex James e il batterista Dave Rowntree, e percorre da protagonista tutti gli anni Novanta, con album che hanno segnato la fine del secolo scorso.
Dall’esordio con Leisure, che non convinse a pieno la critica, al primo grande successo con Modern life is Rubbish, che li consacrò come apripista del nuovo stile musicale che stava avanzando e che si sarebbe conquistato un bel pezzo di storia, il Britpop, di cui resteranno sempre i portabandiera, insieme ai “rivali” di sempre, i fratelli Gallagher.
Parklife, terzo album in studio, permise la definitiva consacrazione dei Blur e ancora oggi rimane uno dei pilastri assoluti per gli amanti del genere pop in salsa British.
The great Escape rappresenta l’ultimo album dedicato interamente a sfumature britpop e si muove tra i difficili temi della solitudine e del distacco.
Il primo singolo uscito, Country House, rappresenta l’essenza e il riassunto del primo periodo della band Brit.
La prima rivoluzione targata Coxon
La voglia di cambiamento e di innovazione, partita soprattutto dalla mente di Graham Coxon, si esplica nell’uscita di Blur, quinto album in studio, con il quale inizia la rivoluzione, il grande cambiamento e scostamento dallo stile dei primi dischi. I Blur arricchiscono la loro musica con sonorità alternative/indie rock, ispirati anche dai Sonic Youth, storica band noise rock statunitense.
La canzone della rottura è Song 2, con riferimenti Grunge, che apre una nuova finestra nella galassia Blur.
13, in parte ispirato dalla rottura amorosa tra Albarn e Justine Frischmann, continua il percorso di distanziamento dal britpop, peraltro già iniziato con Blur.
Il gruppo ci offre brani molto introspettivi, malinconici, concepiti in maggior parte dalla geniale mente di Coxon, che in Coffee and TV parla dei suoi problemi di alcolismo.
Prime crepe e rottura tra Albarn e Coxon: la fine dei Blur?
All’inizio del nuovo secolo si consuma la rottura tra i due grandi amici d’infanzia, Albarn e Coxon, con il primo che dà vita al progetto dei Gorillaz, altra grande dimostrazione della sua continua voglia di sperimentare e di mettersi alla prova.
Coxon, che in seguito darà vita ad un interessantissimo progetto da solista, lascia il gruppo prima dell’uscita del settimo album, Think Tank, concept album incentrato sui temi della pace, sul totale rifiuto della guerra in corso in Iraq e su temi politici; questo lavoro conferma l’ennesimo arricchimento tematico della band, con un'attenzione all’attualità e all’impegno sociale.
L’atteso ritorno con The Magic Whip
Dopo l’attesa reunion del 2008 e i tour che celebrano la ritrovata armonia , finalmente i 4 britannici escono con il nuovo album The Magic Whip nel 2015.
L’idea alla base del progetto è di Graham Coxon, che decide di recuperare i demo registrati ad Honk Kong, nel bel mezzo della reunion del 2013.
Nonostante questo, risulta essere il disco più “Albarniano” della band, con molti riferimenti allo stile del lavoro da solista di Damon, Everyday Robots, diamante sopraffino uscito appena un anno prima.
The ballad of Darren: voglia di confermarsi e di stupire
Ed eccoci giunti al disco appena uscito, The ballad of Darren.
Innanzitutto, chi è Darren a cui si riferisce il titolo? Per andare alla sorgente di questa buffa storia, bisogna tornare indietro al Festival di Sanremo del 1996.
Situazione: i Blur sono i superospiti del Festival della canzone italiana, condotto da Pippo Baudo, che li apostrofa impropriamente e frettolosamente come i “nuovi Beatles”.
Quella sera Coxon non ci potè essere e venne sostituito da un cartonato, mentre al posto di Alex James ci fu proprio la persona alla quale sarebbe stato dedicato un inaspettato titolo di un disco di 27 anni dopo, Darren Evans, bodyguard dei ragazzi da Colchester.
The ballad è la tipica canzone “Albarniana”, decisamente in continuità con l’ultimo album e pervasa di una sottile malinconia di fondo.
St. Charles Square riporta metaforicamente in vita il compianto David Bowie, ricordando molto le sonorità dell’ultimo periodo del Duca Bianco, in particolare del suo penultimo album, The Next Day.
É uno strappo stile garage/glam rock, suona di dissonanza e voglia di spaccare tutto.
Riporta in auge anche i vecchi e scatenati Blur di Song 2, pronti a sconvolgere la scena e rompere con le vecchie tradizioni.
L’animo ribelle del gruppo, nonostante l’età e l’esperienza, non è per niente sopito, e loro lo vogliono gridare al mondo intero.
Barbaric è la canzone della quale ci si innamora al primo ascolto, è capace di provocare un brivido di gioia che pervade ogni angolo del corpo; funziona già dal primo ascolto, pare proprio la sintesi di tutto quello che sono e rappresentano i Blur e della loro evoluzione, sempre al passo con i tempi e consapevoli del loro percorso.
“You have lost the feeling that you thought you’d never lose” recita la canzone dei ragazzi from Brit world, ma loro sicuramente il feeling non lo hanno perso, e neanche la classe che li ha sempre contraddistinti.
The Everglades (For Leonard) è intrisa di emozione e di malinconia, riesce ad essere affascinante e profonda allo stesso tempo.
Con The Narcissist, singolo molto orecchiabile e con un ritornello che resta indelebile fin da subito, si ha l’impressione che le strade intraprese dai 4 musicisti inglesi negli anni di separazione, si riuniscano in un melting pot che sa di crescita, consapevolezza, maturità e creatività.
Il viaggio continua con un’altra delle mille sfumature dei Blur, che si mostrano riflessivi, introspettivi e malinconici in Far Away Island.
Il giro di chitarra iniziale in The Heights è nuovamente un riferimento al Duca Bianco che veglia sempre su di noi, ed è di una tale intimità e profondità, che non può far altro che emozionare.
Dopo aver ascoltato i 10 brani del nuovo album dei Blur, è come aver preso un aereo, senza conoscere preventivamente la meta, ed essere tornati con una maggiore consapevolezza di prima, su di sé e sul mondo e sulla bellezza della scoperta di ciò che ci è ignoto.
L’unica certezza, alquanto granitica, è che Damon Albarn e compagni non smetteranno mai di sorprendere, con idee nuove e strade mai battute, e di emozionare.
Passione, originalità ed emozione, l’essenza della musica.
Davide Rossit
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