Fleabag è una serie britannica composta da due stagioni, andata in onda per la prima volta nel 2016 e poi nel 2019. La trama ruota attorno a una giovane trentatreenne, interpretata dalla stessa Phoebe Waller-Bridge, l’autrice, la cui vita è una miscela di caos, umorismo nero e un innegabile senso di disconnessione dal mondo che la circonda.
C’è un’inquadratura che resta impressa: Fleabag, la protagonista, con gli occhi rapiti dall’atmosfera londinese, posto scelto per la sua tentata rinascita, dove riscoprirà sé stessa e continuerà a lottare contro un passato che non cederà nell’impresa di ripresentarsi.
La mia vita è una confusione. Sono una fallita. Sono una cameriera. Non ho un bel corpo.
Tutte le donne, o quasi, possono ritrovarsi e sentirsi capite dalle parole della nostra amica scavezzacollo che rimane per la bellezza di tutta la rappresentazione nell’anonimato. Non rivela mai il suo nome ed è un escamotage che funziona per rendere il personaggio un vero e proprio simbolo generazionale. Come ha anche dichiarato la stessa autrice, l’anonimato di Fleabag (traducibile come “sacco di pulci”) costituisce il tentativo di renderla unica e universale. Per catturare l’attenzione, la compassione e uno sfrenato senso di uguaglianza e appartenenza degli spettatori, la Waller – Bridge adotta una focalizzazione interna che influenza profondamente lo stile della narrazione, raccontando il mondo attraverso una prospettiva personale e originale, fatta di ritmi serrati e colpi di scena a profusione.
Lo sguardo dell’autrice è costantemente provocatorio e impegnato a sovvertire in modo irriverente e a volte arrogante un cliché dopo l’altro, soprattutto quelli che riguardano il ruolo delle donne nelle relazioni di coppia e all’interno della famiglia. Si tratta di un approccio privo di inibizioni e autentico perché non ha paura di risultare sgradevole agli occhi degli altri.
La serie si distingue per il suo stile narrativo unico, che combina momenti comici taglienti con toccanti riflessioni sull’esistenza, la morte e le relazioni umane.
Ci presenta una protagonista sfacciatamente onesta, che si rivolge direttamente agli spettatori con un sorriso sarcastico e lo sguardo puntato in camera, rompendo la quarta parete in modo impeccabile.
Penso che la cosa peggiore della solitudine sia quando è piena di gente.
Una delle sfide principali affrontate dalla serie è il modo in cui interagisce con le persone che la circondano. Le relazioni sono un tema centrale, con particolare enfasi sul rapporto con sua sorella Claire. Le dinamiche familiari, le amicizie imperfette e le relazioni amorose disfunzionali si svolgono su uno sfondo di dialoghi fulminanti e scontri emotivi.
Mi piacevo così tanto da farti incazzare. Dovevo. Avevo bisogno di sentirti incazzato.
Queste relazioni disfunzionali e il desideriocostante di cercare approvazione sono tratti centrali della protagonista e offrono un'opportunità di esplorare la complessità delle emozioni umane in un modo che poche serie televisive hanno osato fare.
La nostra amica scavezzacollo passa dall'essere una "fallita" a una donna che cerca la redenzione, una trasformazione che certamente affascina e tiene incollati allo schermo il pubblico.
“Non si scappa mai dai luoghi, né dalle persone, né tantomeno dalle circostanze: si scappa da sé stessi”, scriveva Alda Merini. Perché sì, talvolta alcune situazioni possono sembrarci insopportabili o irrisolvibili, ma quando decidiamo di allontanarci lo facciamo perché non ci piace chi stiamo diventando, detestiamo l’incapacità che contraddistingue la gestione di ciò che stiamo vivendo, e a volte per imparare occorre mettersi alla prova e allontanarsi un po’, fare un passo in dietro, dalle cose che non fanno altro che creare confusione e farci male.
Una buona parte della nuova generazione, in particolare femminile, però, appare bloccata nella staticità. Al centro della seconda stagione di Fleabag troviamo l’interiorità della protagonista che analizza la complessa dialettica tra il bisogno delle donne di essere ascoltate e il terrore di essere giudicate.
Al giorno d’oggi, persone che si raccontano di conoscere il mondo in tutte le sue sfaccettature, rimangono con le mani in mano e con la stessa svogliatezza di sempre, che poi non è nient’altro che una delle tante maschere che indossa la paura. Non si guarisce nello stesso luogo in cui ci si è ammalati, dice un proverbio famoso, e io penso che, se non altro, togliersi da dove si è, se il posto che si occupa è nocivo, sia comunque un primo grande passo in direzione della cosiddetta guarigione. E sì, può darsi che in una piovosa serata di novembre ci si ritroverà per la prima volta soli nella propria stanza, e forse le lacrime scenderanno e il senso di vuoto aggredirà lo stomaco, ma non è forse questa la caratteristica principale di un’evoluzione? Sopportare la solitudine, le frustrazioni, le sensazioni di fallimento, affinché un giorno ci si potrà voltare indietro e dirsi: sì, ragazze ce l’abbiamo fatta.
Ciao Alessia! Mi hai dato un buon spunto per una serie tv molto interessante che sicuramente cercherò e guarderò! Per quanto riguarda il tuo articolo, affronti degli argomenti molto attuali nell’universo femminile, soprattutto la ricerca costante di approvazione che vedo frequentemente. Purtroppo non è alla portata di tutti riuscire ad affrontare tali ostacoli e poter dire “ce l’ho fatta” come dici tu. Bell’articolo, spero di leggerne altri in futuro. Alla prossima, ciao
1 commento:
Ciao Alessia!
Mi hai dato un buon spunto per una serie tv molto interessante che sicuramente cercherò e guarderò!
Per quanto riguarda il tuo articolo, affronti degli argomenti molto attuali nell’universo femminile, soprattutto la ricerca costante di approvazione che vedo frequentemente.
Purtroppo non è alla portata di tutti riuscire ad affrontare tali ostacoli e poter dire “ce l’ho fatta” come dici tu.
Bell’articolo, spero di leggerne altri in futuro.
Alla prossima, ciao
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