19 dicembre 2023

La Fotografia umanista di Robert Doisneau

Fotografare significa ritagliare pezzi di realtà, unici ed irripetibili. Spazio e tempo vengono fermati; volti, luoghi e panorami, che rappresentano il qui ed ora, diventano così testimonianze del passato per il futuro. La storia della fotografia è lunga ed è costellata dall’attività di diversi artisti, ciascuno con il suo sguardo inconfondibile. Uno dei fotografi più importanti che il Novecento ci ha regalato è, senza dubbio, il francese Robert Doisneau.

Robert Doisneau nasce nel 1912 a Gentilly, città di periferia a sud di Parigi e, dopo un’infanzia difficile caratterizzata dalla prematura morte della madre, negli anni Trenta inizia il suo cammino nel mondo della fotografia. Infatti, dopo aver acquistato una Rolleiflex, nel 1931 lavora con il pittore, scultore e fotografo pubblicitario André Vigneau e dal 1934 collabora per quattro anni con la celebre azienda automobilistica Renault all’interno del reparto pubblicitario. Successivamente arriva l’incontro con il fondatore dell’agenzia Rapho e diventa fotografo professionista. Continua  la sua carriera lavorando per la popolare rivista Vogue, sebbene non fosse particolarmente interessato al mondo della moda.

Robert Doisneau e André Kertész

Dopo il Secondo conflitto Mondiale, nel 1946 conosce molti dei fotografi della cosiddetta Fotografia umanista, diventandone poi un importante esponente. Questa corrente fotografica europea, ma soprattutto francese, come suggerisce la parola “umanista”, si concentra prevalentemente sul ritratto dell’essere umano nella sua quotidianità. Oltre a Doisneau, fra i rappresentanti più famosi, ritroviamo Willy Ronis, Édouart Boubat ed Henri Cartier-Bresson. Quest’ultimo, parlando di Doisneau, dice: «Se c'è qualcuno che adoro, quello è Doisneau. L'intelligenza, la profondità di Doisneau, la sua umanità. Un uomo meraviglioso». 

Gli scatti in bianco e nero di Doisneau catturano le emozioni e la semplicità della vita di tutti i giorni e l’individuo diventa, oltre che il protagonista dell’inquadratura, il centro della sua visione del mondo. La sua è una street photography per lo più genuina con uno sguardo particolare rivolto alle persone abitanti dei luoghi che ben conosce e che gli appartengono, ovvero il centro e la periferia di Parigi. Lo stesso Doisneau, parlando dei suoi lavori, afferma: «Quello che io cercavo di mostrare era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere». Fra i soggetti più rappresentati nei suoi scatti vi sono i bambini, ritratti in vari momenti carichi di gioco, allegria e vitalità. Ma una delle più famose fotografie realizzate da Doisneau è certamente Le Baiser de l’Hôtel de Ville (Il bacio all’Hotel de Ville) del 1950. 

Le passeggiate per le strade parigine, tanto piene di semplicità quanto di complessità, provocano nel fotografo un gran benessere, da lui descritto così: «Chi non ha mai provato la gioia che dà l’incontro di un istante in cui tutto pare organizzarsi in una storia di armonia provvisoria, non può capire ciò che spinge un individuo a cercare e a voler cogliere altri momenti simili con l’aiuto di una scatola nera munita di un occhio di vetro». Negli anni le sue foto fanno il giro del mondo, il suo nome  diventa altisonante e nel 1983 vince un importante premio, il Grand Prix national de la photographie.

Sebbene sia mancato nel 1994, Doisneau è ancora oggi considerato fra i fotografi più popolari ed influenti del Novecento. Il suo patrimonio artistico, realizzato in oltre cinquant’anni di carriera, ammonta a circa 450 mila scatti analogici ed è attualmente gestito dalle sue due figlie. A lui sono dedicate numerose mostre, alcune delle quali organizzate negli ultimi tempi anche in Italia. Gabriel Bauret, curatore di alcune di queste mostre, in una recente intervista ha dichiarato che Doisneau:

ha cercato di ritrovare nelle foto che scattava le cose che forse gli sono mancate nella vita. In particolare una certa forma di tenerezza, una certa forma di umanità. Per questo Doisneau appartiene pienamente a quella scuola fotografica francese che chiamiamo umanista. Nel suo percorso ha fatto fotografie alla gente, che hanno dato origine a immagini diventate iconiche, ma è anche e soprattutto qualcuno che ricercava il proprio piacere personale nell'atto di fotografare, che cercava di trovarsi a proprio agio in questo universo. Del resto, diceva spesso di amare e cercare quelle situazioni nelle quali si sentiva bene. In queste situazioni ci sono sentimenti, incontri tra personaggi, complicità. 

Francesca Bella 

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