Danza è sinonimo di movimento ma, anche e soprattutto, di presenza. Danzare significa, infatti, esserci, nel qui e ora, rendersi visibili tanto a sé stessi quanto agli altri. Nell’atto del danzare si occupa uno spazio e si libera energia in forme sempre nuove e diverse. A calcare, negli anni, palcoscenici di tutto il mondo una moltitudine di danzatori, pronti a mostrare al pubblico la loro arte. Nel Novecento, a distinguersi per il talento e lo stile inconfondibile, vi è sicuramente Martha Graham.
Nonostante tutto quello che è stato detto della mia educazione, i miei genitori non si opposero mai a che io diventassi una danzatrice. Non dissero mai: “No, tu non farai mai la ballerina”. Non me lo proibirono mai. Potevo fare tutto quello che volevo.
Considerata la madre della modern dance e nominata dalla rivista Time “danzatrice del secolo”, Graham elabora una sua personale tecnica che diventa di fatto la sua cifra stilistica. I principi cardine di questa tecnica sono quelli di contraction (contrazione) e release (rilascio) e grande importanza assume il bacino, centro del corpo umano. Tiene corsi anche per non professionisti, bambini e attori, per usare al meglio il corpo e muoverlo in modo “sincero”. Tante, nel corso degli anni, le opere ballate e coreografate in prima persona. Fra queste, si ricordano Heretic del 1929 e Lamentation del 1930. Nel 1932 è la prima danzatrice ad ottenere una borsa di studio dalla fondazione Guggenheim, che le consente di intraprendere un interessante viaggio alla scoperta del mondo dei nativi americani e delle popolazioni ispaniche. Questa esperienza, insieme alla pittura e alla conoscenza della mitologia greca, costituisce una rilevante fonte di ispirazione per la creazione delle sue coreografie.
Nel 1926 Graham fonda la Martha Graham Dance Company, mentre l’anno successivo nasce a New York l’accademia Martha Graham School of Contemporary Dance. La compagnia inizialmente accoglie solo donne, poi nel 1938 arrivano i primi due danzatori uomini, Merce Cunningham ed Erick Hawkins.
La sua brillante carriera di danzatrice, durata più di sessant’anni e caratterizzata da numerose tournée e 181 balletti creati, si conclude quando è già ultrasettantenne. Tanti i riconoscimenti ottenuti negli anni, fra cui il Dance Magazine Award nel 1957, la Medaglia della Libertà nel 1976 e il Local One Centennial Award for Dance nel 1986. Graham muore nel a New York per un arresto cardiaco nel 1991.
Nello stesso anno della sua morte viene pubblicata un’autobiografia intitolata Blood memory (La memoria del sangue), che in realtà nasce dalla rielaborazione di trascrizioni di conversazioni avute con l’amica Jacqueline Onassis. In questo testo vi è spazio per i ricordi della sua infanzia ribelle, della sua famiglia, dei suoi viaggi, ma anche dei suoi compagni di danza e di vita e della sua concezione della morte. Qui, come spiega bene Elena Randi, docente universitaria e studiosa di danza:
Il grande danzatore è proposto come colui che, più di chiunque altro, riesce a far affiorare i ricordi del passato più remoto nascosti nella Memoria della specie e a renderli visibili attraverso il suo corpo. Perché ciò accada, occorre aver liberato la propria mente da un eccesso di coscienza, obiettivo per raggiungere il quale la Graham fornisce alcune indicazioni quando insegna, per esempio, che se tutta la nostra attenzione è rivolta al raggiungimento di una posizione, di un gesto o di una sequenza perfetti, dimentichiamo qualunque altra realtà e conseguiamo un’animalesca «eccitazione, un’avidità» che coincide con la «dimenticanza di sé». Solo in questo modo è possibile arrivare ad espugnare il superfluo e raggiungere l’essenziale, principio che almeno in parte coincide con la Memoria ancestrale. Non si tratta dunque di cercare qualcosa di nuovo, ma piuttosto di «tirare fuori» quanto è già dentro a noi.
Martha Graham ha letteralmente rivoluzionato la danza, lasciando un segno indelebile in questo mondo tanto duro quanto affascinante. Indiscusso punto di riferimento per molti artisti a lei contemporanei, è stata e continua ancora oggi ad essere un esempio di danzatrice e coreografa autentica, luminosa e libera.
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