14 marzo 2024

Mostra castello di Novara: "Boldini, De Nittis et les italiens de Paris"

Westminster - G. De Nittis
Westminster di G. De Nittis

Prosegue con grande slancio al Castello di Novara la mostra organizzata da Associazione METS-percorsi d’arte, Comune di Novara e Fondazione Castello di Novara su “Boldini, De Nittis et les italiens de Paris”, in esposizione dal 4 novembre 2023 fino al 7 aprile 2024 e curata da Elisabetta Chiodini. Nelle sale del primo piano del castello lo spettatore può immergersi nel clima artistico italiano ed europeo dei decenni a cavallo tra XIX e XX secolo, ammirando circa una novantina di dipinti provenienti da collezioni pubbliche e private, realizzati da un nutrito gruppo di artisti italiani, noti come “Les italiens de Paris” che nei decenni finali dell’Ottocento si stabilirono a Parigi, facendosi conoscere e apprezzare da collezionisti, mercanti d’arte, nobili donne e intellettuali. Tra essi il ferrarese Giovanni Boldini e il barlettano Giuseppe De Nittis, presenti nel titolo della mostra, occupano un ruolo di rilievo, ma non mancano altri protagonisti del panorama artistico italiano; un panorama che acquisì un respiro sempre più internazionale, data la volontà dei pittori italiani di confrontarsi con altri contesti e di ampliare il proprio mercato anche all’estero. 

Da questo punto di vista città come Londra e soprattutto Parigi diedero avvio ad una serie di esposizioni universali e mostre, diventando importanti centri per il mercato culturale e artistico. In un clima di questo tipo il rapporto tra pittori, mercanti e collezionisti si fece sempre più serrato e la conoscenza di personalità in grado di ricoprire il ruolo di intermediari tra gli esecutori delle opere e i compratori fu decisiva per l’affermazione dei singoli artisti. La mostra intende ripercorrere le vicende dei pittori che operarono questa scelta, recandosi a Parigi e integrandosi nel ricco mondo culturale e artistico che la capitale francese era in grado di offrire. Il percorso della mostra si articola in otto sale, dedicate sia a singoli artisti, come nel caso di Antonio Mancini o Federico Zandomeneghi, sia a delle tematiche più generali su cui due o più pittori si sono soffermati, rendendo possibili alcuni confronti, come si nota nell’ultima sala. 

Processione del Corpus Domini a Chieti di Francesco Paolo Michetti
Processione del Corpus Domini a Chieti di Francesco Paolo Michetti

L’esposizione si apre con una serie di opere di vari autori che nella seconda metà dell’Ottocento partirono alla volta di Parigi per incrementare il proprio mercato. La città francese subì in quegli anni un rinnovamento urbanistico ad opera del barone Haussmann, il quale favorì la creazione dei boulevards e di conseguenza l’apertura di nuovi spazi e centri per gli svaghi della nobiltà e della borghesia, permettendo dunque agli artisti di trovare sempre maggiori occasioni per promuovere le proprie opere, su cui spiccano le esposizioni universali di cui la prime si tenne nel 1855. I dipinti della prima sala si legano a diverse tematiche molto apprezzate dagli ambienti culturali parigini che spaziano dalla pittura di genere e dai ritratti per poter esaltare la moda e i costumi italiani e non solo (come nella Giapponese del casalese Eleuterio Pagliano) agli episodi folkloristici, di cui un esempio è dato dalla Processione del Corpus Domini a Chieti di Francesco Paolo Michetti.

Berthe esce per la passeggiata e Berthe legge la dedica sul ventaglio - G. Boldini
Berthe esce per la passeggiata e Berthe legge la dedica sul ventaglio di G. Boldini

La seconda sala è invece interamente dedicata ai due grandi protagonisti della mostra, Boldini e De Nittis, giunti molto giovani a Parigi nel 1867: nella capitale transalpina i due vennero a contatto con le novità dell’arte contemporanea francese ed europea e si lasciarono catturare anche dalla bellezza di due donne, Berthe e Léontine, divenute poi loro amanti e protagoniste di alcuni ritratti esposti: Berthe che legge la dedica sul ventaglio e Berthe esce per la passeggiata di Boldini e Léontine in canotto di De Nittis. Entrambi continueranno a dipingere contemporaneamente a Parigi dedicandosi a varie tematiche come scene paesaggistiche e di vita quotidiana (Lezione di pattinaggio di De Nittis) e ritratti di nobildonne (Gabrielle de Rasty sul divano di Boldini). Il confronto tra i due sarà comunque piuttosto breve viste le precarie condizioni di salute di De Nittis, che morirà neanche quarantenne nel 1884, ed è solamente in questa sala che si possono apprezzare le opere di entrambi le une vicine alle altre. 

Leontine in canotto - G. De Nittis
Leontine in canotto di G. De Nittis

La terza e la quarta sala sono invece dedicate ad altri due singoli protagonisti del panorama italiano, esportatori di due diverse tradizioni artistiche: il romano di nascita, ma napoletano di formazione Antonio Mancini e il veneziano Federico Zandomeneghi. Il primo porta a Parigi la ripresa dal vero di alcune scene della quotidianità napoletana in cui i soggetti prediletti sono scugnizzi, giovani ragazzi e acrobati; si tratta di scene di genere poco vivaci e non molto apprezzate dal mercato internazionale, ma la resa pittorica, l’indagine psicologica di chi è ritratto e l’ambientazione sono restituite con grande maestria, considerando soprattutto che Mancini dipinge spesso sulla tela senza disegno e con spontaneità. Due validi esempi possono essere Un pranzo sulla corda e Scugnizzo con chitarra. Zandomeneghi invece è fin da subito attratto dai nuovi movimenti artistici francesi, come l’impressionismo,  avvicinandosi alla pittura di Degas e Manet e in effetti alcune tele esposte mostrano questo interesse; altre tele restituiscono invece l’evoluzione della sua pittura a contatto con l’ambiente parigino di cui i tratti più importanti sono le inquadrature ravvicinate e soprattutto gli episodi di vita contemporanea, in cui si dimostra attento alla resa psicologica e intima, come accade in Diego Martelli con berretto rosso (è il ritratto di un critico d’arte), Colloquio a tavolino o La tazza di the.




Un pranzo sulla corda - A. Mancini Scugnizzo con chitarra - A. Mancini

Nella quinta sala è invece possibile apprezzare alcuni spaccati della vita quotidiana dei due grandi centri metropolitani culturali europei dell’Ottocento ossia Londra e Parigi. In questo caso i protagonisti sono ancora soprattutto Boldini e De Nittis, instancabili viaggiatori capaci di offrire un’ottima visione del paesaggio cittadino delle due grandi capitali, popolate da persone, cavalli e carrozze: il ritmo frenetico di Parigi è apprezzabile in Place Clichy di Boldini, opera ricca di dettagli in cui si percepiscono le trasformazioni sociali che caratterizzano la capitale francese nei decenni finali del XIX secolo; la suggestività londinese è invece restituita da De Nittis in Westminster, opera di cui l’originale è ora a Milano per una mostra su De Nittis a Palazzo Reale, ma nella copia presente a Novara si apprezza bene il profilo dell’abbazia immersa nella nebbia che contrasta efficacemente con l’acqua del Tamigi e con il gruppo di persone comuni in primo piano.

Place Clichy di Boldini

Decisamente diversa è l’atmosfera della sesta sala, ambientata in quella che era una cella del castello. Non a caso è qui affrontato il tema dell’ “Universo privato”, grazie a preziosi ritratti, sia ad olio che a pastello, di corpi femminili raffigurati in momenti di intimità da Boldini, De Nittis e Zandomeneghi. Si tratta di una tematica ripresa dal contesto francese e in particolare da Degas e dai suoi studi del nudo e del corpo in movimento, che i pittori italiani riuscirono ad integrare al proprio bagaglio culturale. Significativo è il confronto tra due opere poste l’una di fronte all’altra dalle quali traspare un’intimità personale che le donne ritratte comunicano in maniera diversa agli artisti: più spensierata e sfrontata appare la Giovane in deshabillè davanti allo specchio di Boldini, il cui mezzo busto si staglia potente insieme alla veste bianca su uno sfondo chiaro che lo fa risaltare pienamente; nel Nudo coricato di Zandomeneghi, complice anche l’uso del pastello, la modella adagiata su un delicato lenzuolo bianco ci appare più chiusa e riservata, con uno sguardo enigmatico, ma comunque disposta a mostrarsi nuda al pittore veneziano. 

Giovane in deshabillé‚ davanti allo specchio
di G. Boldini

Il protagonista della settima sala è il livornese Vittorio Matteo Corcos, il quale si recò a Parigi ventenne, ma fu subito capace di tessere relazioni con importanti personalità del mondo artistico e culturale come De Nittis, Degas o lo scrittore Emile Zola. Il suo interesse che egli deriva da De Nittis è da ricercare nei ritratti femminili, sia a mezzo busto che soprattutto a figura intera, grazie a cui riuscì a maturare una sua indipendenza artistica che lo portò ad essere molto apprezzato in Francia. Nell’opera Le istitutrici ai Campi Elisi le due donne vestite di nero dialogano con lo sguardo e con i gesti, mentre una bambina gioca ai loro piedi: emerge un rapporto femminile ben diverso da quello indagato ad esempio da Zandomeneghi, meno intimo e più a contatto con l’ambiente sociale, pur essendo restituito con grande sapienza tecnica e senza rinunciare alle ricerche psicologiche nei volti.

Le istitutrici ai Campi Elisi di V.M. Corcos

Corcos è anche presente nell’ottava e ultima sala in cui viene proposto un suggestivo confronto con Boldini per quanto riguarda la ritrattistica, in particolare quella femminile a figura intera. Si notano due diversi modi di interpretare il ritratto e questo testimonia la vitalità dell’ambiente artistico parigino tra Ottocento e Novecento, in cui due grandi maestri italiani propongono linguaggi differenti. Le donne di Boldini appaiono più disposte a farsi ritrarre, dando un’idea di familiarità e di disponibilità a concedere la propria figura; questo aspetto è reso più evidente dalle espressioni facciali delle effigiate, sorridenti o appena imbarazzate, comunque contente di essere ritratte, e dall’uso del pastello o di una pennellata non sempre netta e decisa, ma anzi quasi veloce. I ritratti delle sorelle Emiliana e Elena Concha y Subercaseaux e quello della Signora adagiata su bergère ben testimoniano questo tratto stilistico di Boldini. Le donne di Corcos sono invece ritratte con una pennellata più netta e con colori più decisi e pieni. Ne deriva un’immagine in cui la donna appare forse più lontana e meno familiare, ma comunque più sicura di sé, consapevole della propria bellezza e della propria eleganza, tratti che effettivamente caratterizzano le protagoniste delle opere di Corcos che sono esposte, come Ritratto di Lia Goldman Clerici e soprattutto Ritratto di Lina Cavalieri.





Ritratto di Lina Cavalieri di V.M. Corcos
Ritratto di Elena Concha y Subercaseaux
di G. Boldini

La mostra novarese offre dunque allo spettatore la possibilità di tuffarsi indietro nel tempo in un suggestivo contatto con paesaggi e personaggi dei secoli appena trascorsi, incontrando differenti stili pittorici appartenenti a tutti quegli artisti che videro nel soggiorno a Parigi una tappa imprescindibile della loro carriera, instaurando con la più grande capitale artistica europea un rapporto di dare e avere che giovò sia alla città che a loro stessi. La scelta delle tematiche e delle opere esposte è assolutamente azzeccata per permettere a tutti di capire gli sviluppi e gli interessi che il mondo dell’arte ha esplorato in un periodo storico in cui il mercato e il collezionismo giocavano un ruolo fondamentale per la diffusione di opere, artisti, stili e modi di dipingere e di interpretare la pittura. 

Lorenzo Castiglioni

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