Contemplare il cielo, dormire più del necessario, diventare come Walter Benjamin che passeggiava per Parigi col suo taccuino in mano e una tartaruga al guinzaglio.
Oscar Wilde nel saggio Il critico come artista sostiene che:
L’inazione è nobile, mentre l’azione è il rifugio di persone che non hanno assolutamente niente da fare, la sua base è la mancanza di fantasia, è l’ultima risorsa di coloro che non sanno sognare.
Di parere opposto sono coloro i quali ritengono che: faber estsuae quisque fortunae - ognuno è artefice del proprio destino, da una celebre frase di Appio Claudio Cieco.
Di questo avviso è Ernest Hemingway che dichiara:
Ogni giorno è un giorno nuovo. Meglio essere fortunati. Ma io preferisco essere esatto. Quindi quando arriverà la fortuna, sarò pronto.
Machiavelli scrive:
L'uomo può affrontare, con la virtù, le sfide che la fortuna gli riserva. Esso, nel decidere della sua vita, deve affidarsi sempre alla dignità della ragione e non al caso.
La prima conseguenza del successo raggiunto dal protagonista è il palesarsi di una moltitudine di discepoli che lo circondano durante il giorno e che si materializzano anche a cena e fino a notte fonda:
Capì ben presto che un discepolo non è necessariamente qualcuno che ambisce a imparare qualcosa. Il più delle volte, semmai, c’era chi diventava discepolo per piacere gratuito di insegnare al proprio maestro.
Ai discepoli si aggiungono gli amici che sono presenti anche quando dipinge le sue tele:
Era difficile dipingere il mondo e gli uomini e, contemporaneamente, vivere con loro.
Ma all’improvviso la fama comincia a scemare e il suo successo, come per incanto, svanisce. La folla che lo acclama, lo abbandona. E’ consolato dall’unico amico Rateau, uomo concreto e d’azione, così diverso da Giona e così efficace nel metterlo di fronte alla realtà dei fatti, facendogli capire che le persone non lo amano per quello che è, ma solo per ciò che rappresenta.
Sono molti gli esempi di artisti che hanno vissuto più di oscurità che di fama, ma nonostante ciò non hanno perso la loro vena creativa. Tra i pittori incompresi il più rappresentativo è Vincent Van Gogh che ha conosciuto continui fallimenti lavorativi e relazionali. Van Gogh scrive al fratello:
Mi sono rimesso al lavoro, anche se il pennello mi casca quasi di mano e, sapendo perfettamente ciò che volevo, ho ancora dipinto tre grandi tele. Sono immense distese di grano sotto cieli tormentati, e non ho avuto difficoltà per cercare di esprimere la mia tristezza, l’estrema solitudine.
Il compositore Johann Sebastian Bach ricevette in vita pochi riconoscimenti per le sue magnifiche fughe. Scrisse più di mille opere, che furono bocciate dai critici dell'epoca perché ritenute leziose ed enfatiche. Anche lo scrittore Edgar Allan Poe riscosse un limitato successo con i suoi testi e visse come stereotipo dell'artista maledetto tra alcol e debiti.
Tornando al nostro pittore, una volta rientrato in casa, si rifugia nel soppalco e rimane al buio, cercando di ritrovare la sua buona stella. Ma l’isolamento si rivela controproducente:
Il mondo era ancora lì, giovane, meraviglioso: Giona ascoltava il bel rumore che fanno gli uomini.
Personalmente non potrei vivere senza la mia arte, ma non l’ho mai posta al di sopra di tutto: se mi è necessaria, è invece perché non si estranea da nessuno e mi permette di vivere come sono al livello di tutti. L’arte non è ai miei occhi gioia solitaria ma obbliga l’artista a non isolarsi e lo sottomette alla verità più umile e più universale. L’artista si forma in questo rapporto perpetuo fra lui e gli altri, a mezza strada fra la bellezza di cui non può fare a meno e la comunità dalla quale non si può staccare.
Di parere opposto chi invece ritiene che l’uomo-artista deve essere solitario. Albert Einstein afferma che:
La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato.
Per Fabrizio De André:
La solitudine può portare a forme straordinarie di libertà.
Giacomo Leopardi, è convinto che l’isolamento rafforza la poesia:
La solitudine è come una lente di ingrandimento. Se sei solo e stai bene, stai benissimo. Se sei solo e stai male, stai malissimo.
Questa riflessione potrebbe distogliere il lettore dalla tisana rilassante per costringerlo a sostenere l’una o l’altra tesi, dividendosi tra chi preferisce l’artista solitario e anticonformista e chi lo immagina come un uomo immerso nella routine quotidiana e solidale con l’umanità intera. Al netto di ciò, si può affermare che il fascino dell’artista inquieto che sfida le convenzioni suscita un’innegabile attrattiva al pari di una tazzina fumante di caffè forte.
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