Quando sentiamo parlare di Olimpiadi ci vengono subito in mente la competizione, l’agonismo sportivo, le gare di nuoto o di atletica e i cinque cerchi. Tra 1912 e 1948 però le Olimpiadi hanno allargato il loro orizzonte e al fianco dell’aspetto sportivo si aggiunse quello culturale, incarnato nei concorsi artistici, ultima tappa del progetto di rinascita dei Giochi Olimpici moderni voluto da chi più di tutti si era battuto per il loro ritorno in auge: il barone Pierre de Coubertin.
Pierre de Coubertin |
Questo graduale inserimento degli aspetti culturali all’interno delle Olimpiadi diede il giusto slancio ai progetti di de Coubertin, che aveva individuato nell’edizione del 1908 quella giusta per concretizzare l’unione ufficiale di sport, arte e intellettualismo. Questa Olimpiade si sarebbe dovuta tenere a Roma, la città che più di ogni altra, secondo il barone, avrebbe potuto favorire il rapporto tra sport e cultura. De Coubertin dovette però affrontare la prima di diverse delusioni nella strada verso il perfezionamento del suo progetto, perché nella sessione pre-olimpica del CIO di Atene dell’aprile 1906, l’Italia rifiutò di ospitare quell’edizione, che si tenne invece a Londra. Bisognò aspettare altri quattro anni per vedere l’avvio dei concorsi artistici, che debuttarono dell’Olimpiade di Stoccolma del 1912, come deciso nella sessione pre-olimpica di Berlino del 1909, ma già a partire dal maggio 1906 de Coubertin aveva spiegato come intendeva strutturare i concorsi artistici. Convocò infatti a Parigi una conferenza (Conférence consultative des Arts, des Lettres et des Sports) per capire come saldare il legame tra sport, arte e cultura. L’obiettivo di fondo era quello di affiancare all’attività agonistica e sportiva quella intellettuale e culturale, rendendo i Giochi Olimpici un evento completo sotto tutti i punti di vista. La proposta di de Coubertin fu accettata dai partecipanti alla conferenza e fu stabilito che i concorsi artistici avrebbero visto la realizzazione di opere ispirate all’ideale sportivo in cinque ambiti: pittura, scultura, architettura, letteratura e musica.
A Stoccolma l’Italia fu grande protagonista, vincendo l’oro in tre discipline sportive e vincendo i concorsi di pittura e musica. Nella gara di letteratura è da segnalare inoltre un aneddoto particolare. A vincere fu un poemetto in nove versi in francese e tedesco intitolato Ode allo Sport, scritto dai tedeschi G. Hohrod e M. Eschbach, ma si trattò di un imbroglio, in quanto erano due pseudonimi usati dallo stesso de Coubertin, che confessò di aver partecipato in segreto, ma non restituì mai il premio. I concorsi non soddisfarono a pieno il barone e lo stesso accadde anche nelle Olimpiadi successive di Anversa del 1920 (quelle del 1916 non si disputarono a causa della prima guerra mondiale), in cui i premi di architettura e scultura non furono assegnati. Nel 1924 invece i giochi si tennero ancora a Parigi, una volta venuta meno l’ipotesi di un’altra candidatura di Roma e anche in questa occasione gli esiti dei concorsi artistici non furono all’altezza delle aspettative di de Coubertin. Le opere di pittura, scultura e architettura in concorso vennero esposte in Place de la Concorde, ma la giuria, in cui era presente anche Gabriele D’Annunzio, accettò solamente circa la metà delle 283 opere proposte e non assegnò il premio di architettura. Il barone continuò ad insistere sulla necessità di lavorare al miglioramento del legame tra sport, arte e cultura per ottenere una perfetta Olimpiade, lasciando però il compito ad altri: l’anno successivo de Coubertin abbandonò infatti la presidenza del CIO, di cui aveva tra l’altro spostato, nel 1915, la sede a Losanna.
Un’Olimpiade che segna un punto di svolta è quella di Amsterdam del 1928, grazie a due modifiche che furono effettuate dal punto di vista artistico per quanto riguarda le medaglie e strutturale per quanto riguarda i concorsi. Si decise da un lato di assegnare le medaglie disegnate dal fiorentino Giuseppe Cassioli, vincitore di un concorso bandito dal CIO l’anno precedente, che raffiguravano la Gloria che incorona il vincitore sul verso e L’atleta portato in trionfo sul recto (le due scene rimasero sulle medaglie per molte edizioni, tanto che la Gloria incoronante fu mantenuta fino ai giochi di Atene 2004). Dall’altro lato si optò per un ampiamento dei concorsi artistici: le cinque sezioni vennero arricchite di alcune sottosezioni, portando il numero totale a tredici. L’obiettivo era quello di aumentare le adesioni e fu assolutamente raggiunto, dato che le opere d’arte in gara erano 1165, provenienti da ben 18 Paesi diversi, mentre i componimenti musicali e letterari erano circa 60.
I concorsi proseguirono anche nelle due Olimpiadi degli anni Trenta, quelle di Los Angeles del 1932 e quella di Berlino del 1936 ed è interessante notare un differente risultato da parte dell’Italia. All’Olimpiade americana la delegazione sportiva azzurra ottenne uno splendido secondo posto, con 36 medaglie, alle spalle degli Stati Uniti, ma la situazione fu diversa per i concorsi artistici. I numeri generali erano ancora una volta ottimi, sulla scia dell’Olimpiade di Amsterdam, con 1155 opere presentate proveniente di oltre 30 Paesi, ma l’Italia riuscì a portarne solamente 14 e di queste la sola scultura Calciatori di Ercole Drei ottenne un buon riconoscimento (l’opera mostra due calciatori nudi nel momento in cui vanno a contrasto sulla palla). Questo ristretto bottino deluse profondamente Mussolini e la dirigenza fascista, che ritenevano lo sport un’attività da promuovere a tutti i livelli, culturale e artistico compreso.
Negli anni successivi, in preparazione alle Olimpiadi del 1936, i richiami del duce non rimasero inascoltati e a partire dalla fine del 1932 furono incentivate molte iniziative per saldare anche in Italia il legame tra arte, sport e cultura. Vennero emessi francobolli a carattere sportivo, fu organizzato un concorso di letteratura sportiva, si bandirono concorsi per la realizzazione dei manifesti artistici dei mondiali di calcio del 1934, tenutisi in Italia, e ovviamente si inaugurarono mostre ispirate allo sport. Nel 1933 si tenne un’esposizione con oltre 200 opere alla Biennale di Venezia, che l’anno dopo istituì un premio di 2000 lire ciascuno per le opere di pittura e di scultura che meglio si sarebbero ispirate all’ideale sportivo così come era inteso dal fascismo. Negli anni successivi furono organizzate altre due mostre nelle due principali città della penisola. Nel 1935 alla Fiera di Milano l’evento aveva il titolo “Mostra nazionale dello sport” ed era nato con l’obiettivo di ripercorrere la storia dello sport italiano, esaltando una nazione in grado di ottenere grandi risultati sportivi; nel febbraio 1936 a pochi mesi dall’inizio delle Olimpiadi berlinesi, si organizzò al Palazzo delle Esposizioni di Roma la “Mostra nazionale d’arte sportiva”, organizzata in tre sezioni, pittura, scultura e architettura. Era presente anche una commissione, con il compito di decidere quali opere artistiche avrebbero rappresentato l’Italia in Germania; vennero scelte 116 opere, di cui 63 pittoriche, realizzate da 69 artisti diversi.
Il risultato non poté che essere un successo, soprattutto se paragonato allo scarso bottino dei concorsi del 1932. L’Italia vinse il primo posto nella scultura, grazie all’opera Guidatore di Sulky, realizzata dal bolognese Farpi Vignoli: la scultura mostra un fantino, elegante e muscoloso, mentre tiene in mano le briglie del cavallo, incurvando la schiena. Arrivarono secondi gli artisti Arturo Dezzi e Luciano Mercante, nelle categorie del disegno e delle medaglie, e anche in scultura ci furono ottimi riconoscimenti. Le volontà del regime erano così soddisfatte e finalmente si saldò il legame tra arte, sport e cultura.
Guidatore di Sulky di Farpi Vignoli |
L’ultima edizione dei giochi in cui si sono tenuti anche i concorsi artistici è stata quella del 1948 a Londra, con un discreto successo. Tuttavia l’anno successivo il congresso del CIO decise di sospendere i concorsi poiché la grande maggioranza degli artisti in gara erano professionisti e questo contrastava con il concetto di dilettantismo olimpico. In occasione delle Olimpiadi di Helsinki del 1952 il CIO tentò di riproporre i concorsi, ma l’idea venne bocciata dagli organizzatori finlandesi; dal 1954 i concorsi furono definitivamente abbandonati e sostituiti da mostre ed esposizioni.
Purtroppo molte opere sono andate perdute, in particolare quelle pittoriche e scultoree, i disegni e le medaglie, mentre a sopravvivere sono stati per lo più i progetti architettonici, anche se non realizzati. Nonostante questo è importante sottolineare due aspetti: da un lato l’instancabile impegno di Pierre de Coubertin per nobilitare i giochi olimpici e dall’altro l’affiancamento allo sport dell’arte e della cultura, il cui legame si salda proprio nell’evento sportivo più importante e maggiormente desiderato dagli atleti. I concorsi artistici possono così essere considerati delle vere e proprie olimpiadi parallele.
Lorenzo Castiglioni
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