15 luglio 2024

Quando Elsa Morante difese La terra trema

L’attività di critica applicata ai vari settori della cultura (cinema, pittura, musica) necessita di sguardo attento, conoscenza e grande sensibilità. Ci sono vari artisti che, nel corso della loro carriera, hanno deciso di affacciarsi a questo mondo a tratti delicato altri controverso, perché implica la necessità di una presa di posizione non sempre ben accetta da parte di chi è oggetto della critica. Molti negli anni gli scrittori e le scrittrici che, profondamente affascinati dall’universo della settima arte, hanno offerto il loro sguardo sulle pellicole al pubblico, per far sì che quest’ultimo potesse assaporare nuove opportunità di pensiero. Tra queste scrittrici è possibile annoverare il caso di Elsa Morante.

Tra il 1950 e il 1951 Elsa Morante cura la rubrica radiofonica settimanale della Rai intitolata Cinema. Cronache di Elsa Morante, costituita da circa 47 recensioni di pellicole (il numero esatto non è dato, ma potrebbe essere presumibilmente maggiore) molto diverse fra loro, sia nazionali che internazionali. La collaborazione con la Rai si conclude a causa di problematiche con la dirigenza seguite alla critica del film Senza bandiera di Lionello De Felice.

Fotogramma de La terra trema

Una delle recensioni della scrittrice (non facenti parte del corpus radiofonico e di cui non si conoscono data e luogo di pubblicazione) riguarda la pellicola La terra trema di Luchino Visconti, tratta dal celebre romanzo I Malavoglia di Giovanni Verga e girata ad Aci Trezza, con i pescatori e gli abitanti del posto. Il film, uscito nel 1948, è stato premiato alla Mostra del Cinema di Venezia con il Premio internazionale per valori stilistici e corali.

Queste le parole di Morante sull’opera di Visconti:

Il grande avvenimento della settimana, a Roma, è stato la proiezione del film La terra trema di Luchino Visconti. Dal punto di vista artistico, che, evidentemente, nella storia del cinema, come in quella di ogni altra arte, è il punto di vista più importante, questo film è certo l’opera più pregevole e originale prodotta dal cinema italiano in questo dopoguerra. Che per far conoscere al pubblico un simile film siano occorse delle polemiche, delle proteste sui giornali, e che, infine, esso sia stato proiettato nella stagione morta, è un malinconico segno del poco conto in cui son tenuti, in Italia, l’ingegno e la cultura degli italiani. Ancor più triste è il constatare che nemmeno la parte più eletta della società italiana, vale a dire quella che suole occupare le poltrone numerate delle salette per spettacoli d’eccezione, sia stata ritenuta d’intelletto abbastanza capace da conoscere questo film nella sua integrità. […] Del film, che nell’edizione originale durava circa tre ore e mezza, è stato dato al pubblico, secondo la voga del nostro secolo, una specie di digest; il quale, come tutti i digest, non può non falsare e menomare la qualità e il significato dell’opera […]

In questa prima parte, Morante mette sotto accusa la scelta di dar vita ad una versione ridotta della pellicola che, inizialmente, aveva una durata non indifferente, compromettendone, però, la sua visione d’insieme. 

La scrittrice poi continua così:

[…] L’esiguo tempo a noi concesso non ci permette di parlare come si dovrebbe de La terra trema. Quel che non vogliamo tralasciare, è la curiosa accusa di estetizzante lanciata al film da alcuni critici. È strano come gli eccessi del realismo abbiano viziato anche dei palati sensibili; al punto che, senza accorgersi che proprio nel realismo risiede ormai l’estetismo contemporaneo, accusano di estetismo tutto ciò che non è crudamente realista, confondendo addirittura con l’estetismo la lirica o la poesia. Fino al secolo scorso, si ritenevano personaggi degni di tragedia soltanto i re, i principi e i loro pari; i poveri, tutt’al più, potevano essere personaggi da commedia o da farsa. Si direbbe che un rimasuglio di questa convenzione è rimasto attaccato a certuni dei nostri critici, allorché li si sente rimproverare al film di Visconti di descrivere i poveri in questo mondo. […]
Quanto al rimprovero di lentezza che altri gli fanno, non comprendiamo questo rimprovero. Sarebbe lo stesso che rimproverare all’Adagio di una Sinfonia di non essere un Allegro. A noi sembra anzi che il tempo di questo film (parliamo dell’edizione integrale) sia la sua qualità originale, che ha valore di scoperta; e che da questo tempo nascano le sue più straordinarie rivelazioni poetiche.

In questo passaggio, invece, Morante focalizza la sua attenzione sui “rimproveri” fatti al film da parte di altri critici cinematografici sia in merito alla scelta di raccontare la vita e la quotidianità di gente povera in salsa “estetizzante”, sia rispetto alla questione della lentezza dell’opera. La scrittrice espone in maniera molto chiara le sue idee e non si nasconde. La sua è una critica che può avere due livelli di lettura: il primo è alla portata di tutti, anche ai non esperti di cinema; il secondo è un po’ più sofisticato e raffinato ed è rivolto chiaramente agli altri critici.


Ma questo non è l’unico documento in cui Morante parla del film di Visconti. Infatti, il 20 maggio 1950, su «Il Mondo» la scrittrice, insieme a Corrado Alvaro, Carlo Levi, Alberto Moravia, Umberto Morra e Toti Scialoja, firma una lettera collettiva destinata al direttore, intitolata Proiezioni clandestine.
Ecco di seguito uno stralcio di questa lettera, in cui, ancora una volta, si sottolinea a chiare lettere, nonostante le tante e legittime critiche ricevute, il valore artistico dell’opera viscontiana nel panorama cinematografico italiano:

Questo film descrive, attraverso la storia di una povera famiglia, la difficile vita dei pescatori siciliani; è quindi, come suol dirsi, un’opera di contenuto sociale. Ma a noi, come a persone di cultura e di mente libera, in un’opera d’arte più che il contenuto interessa il valore artistico. Ora, pur fra le critiche e le discussioni che naturalmente suscita ogni viva espressione dell’ingegno, tutti i presenti alla proiezione furono concordi nel riconoscere un’indiscutibile validità artistica a quest’opera di Visconti. La quale, per le sue qualità, e per il suo profondo impegno, fa onore al cinema italiano. Del resto, non siamo certo noi i primi a riconoscere i meriti di questo film, che suscitò, alla sua prima apparizione, un grandissimo interesse, e si ebbe uno dei premi internazionali al Festival di Venezia del 1948. 

Sempre all’interno di questo testo viene poi affrontata l’annosa questione della distribuzione della pellicola nelle sale italiane:

Il fatto è che, sebbene adattato alle esigenze commerciali e fornito dei visti di censura, questo film ha incontrato e incontra, in Italia, la massima difficoltà per la sua diffusione. Anche nelle città che si son decise a presentarlo, esso è stato dato in cinema periferici o di seconda visione, in giornate morte, e senza lanci pubblicitari. A Roma, poi, tutti i distributori e gestori si sono rifiutati di ospitarlo nelle loro sale. […]
Quel che risulta evidente, è in ogni caso, lo scarso senso di civiltà, e di rispetto per i valori dell’arte italiana, dimostrati da coloro che soprastanno agli spettacoli cinematografici in Italia.

Il caso di Elsa Morante costituisce solo uno dei tanti esempi di uomini e donne della letteratura prestate alla critica cinematografica e il suo interesse nello difendere strenuamente la pellicola di Visconti, non del tutto apprezzata da parte dei cosiddetti “critici di professione”, è indicativo del fatto che, talvolta, il contributo critico di un letterato può offrire prospettive diverse e originali per la lettura di un’opera filmica, rispetto a quelle date dal mondo della critica tradizionale.

Francesca Bella

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