Ieri sera è avvenuto l'ennesimo massacro di civili a Gaza in un campo profughi nella zona costiera vicino alla città di Khan Younis. Quella zona era stata considerata sicura da parte degli Israeliani, eppure (come spesso avviene) è stata bombardata in barba a qualsiasi senso di umanità. Non sono più sufficienti le parole per descrivere l'orrore di chi scava a mano e ritrova i cadaveri di donne e bambini fatti a pezzi. Di chi non sa se domani potrà nuovamente aprire gli occhi, dove potrà andare a dormire la sera, e se riuscirà a mangiare almeno un pasto... Non sono sufficienti anche alla luce del fatto che come occidentali appoggiamo nel silenzio istituzionale questo orrore.
Forse colui che più di tutti è riuscito a esprimere con forza le sensazioni di quella terra è Refaat Alareer un palestinese di 44 anni, professore di letteratura inglese all'Università islamica di Gaza. Un poeta nonché un attivista, freddato da un bombardamento nel dicembre del 2023. Poco prima di morire sui social ha condiviso una poesia del 2011 che esprime con delicatezza la sofferenza di un intero popolo. Poesia che riproponiamo dopo essere divenuta famosa subito dopo la sua morte.
Se dovessi morire,
tu devi vivere
per raccontare
la mia storia
per vendere le mie cose
per comprare un po’ di carta
e qualche filo,
per farne un aquilone
(fallo bianco con una lunga coda)
cosicché un bambino,
da qualche parte a Gaza,
guardando il cielo
negli occhi
in attesa di suo padre che
se ne andò in una fiamma
senza dare l’addio a nessuno
nemmeno alla sua stessa carne
nemmeno a se stesso
veda l’aquilone, il mio
aquilone che tu hai fatto,
volare là sopra
e pensi per un momento
che un angelo sia lì
a riportare amore.
Se dovessi morire,
fa che porti speranza
fa che sia un racconto!
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