27 dicembre 2024

Pasolini e i suoi "Appunti per un film sull’India"

Quando lo sguardo di chi vive di cultura in ogni sua declinazione si posa su un oggetto, un panorama o una persona, può venire fuori qualcosa di particolarmente interessante. Lo stesso vale quando si decide di raccontare un paese lontano, con usi, costumi e tradizioni diverse dalle nostre. Così, questo sguardo pieno d’arte è in grado di cogliere scorci, dettagli, e volti che sono propri di altre realtà e degni di essere conosciuti. L’India è un paese affascinante e complicato che è stato oggetto di attenzione da parte di uno degli uomini di cultura più completi e più importanti che ha avuto l’Italia: Pier Paolo Pasolini. Il titolo dell’opera in questione è Appunti per un film sull’India.

Pasolini visita per la prima volta l’India tra il dicembre 1960 e il gennaio 1961 in compagnia dello scrittore nonché amico Alberto Moravia, a cui si aggiunge in seguito anche la scrittrice Elsa Morante. Terminato questo viaggio i due autori danno alla luce diversi scritti, in particolare, Pasolini realizza una serie di reportage giornalistici pubblicati all’interno della testata «Il Giorno», fra il febbraio e il marzo 1961, poi raccolti nel 1962 in un volume intitolato L’odore dell’India, edito da Longanesi; Moravia, invece, scrive articoli per «Il Corriere della Sera», raggruppati sempre nel 1962 in un testo dal titolo Un’idea dell’India, edito da Bompiani. I due lavori sono molto diversi tra loro poiché altrettanto diverso è l’approccio rispetto alla conoscenza e alla percezione di questo paese orientale mai visitato prima. Se, infatti, Pasolini mette in mostra anche l’aspetto emotivo e privato di questo viaggio, al contrario, Moravia presenta la sua esperienza con maggiore razionalità. A tal proposito, indicativo risulta l’incipit dell’opera testuale pasoliniana che recita: «Penoso stato di eccitazione all’arrivo».

Pochi anni dopo, a cavallo tra il 1967 e il 1968, avviene il secondo incontro fra Pasolini e l’India, che dà i natali ad un’opera intitolata Appunti per un film sull’India, prodotto dalla RAI e trasmessa per la prima volta sul Primo Canale il 5 luglio 1968 nell’ambito del rotocalco Tv7. Questo lavoro sarà poi presentato anche nella sezione documentaristica della Mostra del Cinema di Venezia il 18 agosto 1968, rimanendo, però, un po' in ombra perché vittima della grande attenzione riservata ad un’altra pellicola presentata sempre dallo stesso Pasolini, Teorema.

Quest’opera, in bianco e nero e della durata di poco più di mezz’ora, si apre con una dichiarazione di Pasolini, che afferma: «Io non sono qui per fare un documentario, una cronaca, un’inchiesta sull’India ma per fare un film su un film sull’India». Infatti, l’iniziale progetto di Pasolini è quello di realizzare un film ispirato ad una vecchia storia indiana che vede come protagonista un maharaja, ovvero un sovrano locale, che offre il proprio corpo alle piccole tigri per sfamarle, in seguito, invece, nella seconda parte di questo progetto filmico, i figli del maharaja, nel contesto storico della liberazione dell’India e della modernizzazione, muoiono di fame durante una carestia.  Alla fine, però, Appunti per un film sull’India si presenta come una sorta di resoconto non troppo ordinato del viaggio, o meglio, del sopralluogo da lui effettuato al fine di realizzare quel progetto di cui prima si diceva.

Da evidenziare e approfondire, quindi, la questione del titolo scelto da Pasolini, che contiene la parola “appunti”. Infatti, come afferma Marco Della Gassa, docente universitario ed esperto di orientalismo, in un interessante contributo intitolato L’eucarestia di un «corpus in fabula»: Pasolini reporter inserito nel testo Gettiamo il nostro corpo nella lotta. Il giornalismo di Pier Paolo Pasolini, la parola “appunti”:

accentua il carattere di incompiutezza del prodotto finale e la sua dimensione di delega ad altri momenti di performatività successivi. Gli appunti, infatti, sono strumentali in quanto cercano di fissare le idee, ma in forme impressionistiche, in ordine sparso, senza una linearità e una completezza; se si mettono al servizio di altre forme di creazione, essi assumono un profilo di residualità perché una volta terminata la loro opera di rimemorazione, finiscono per essere scartati, accantonati o archiviati; da un punto di vista formale sono inoltre disordinati, disarticolati, approssimativi e non sempre possono garantire esattezza e rispetto nei confronti del materiale di cui vogliono diventare referenti. Insomma, nel decidere di intitolare un proprio lavoro come un «appunto di» Pasolini dichiara la provvisorietà del prelievo, rimanda a un futuro più produttivo, ma che, […] non è detto si verifichi.

In questo documento audiovisivo ci si trova di fronte alle immagini di Bombay, volti e sguardi che catturano e si lasciano catturare dalla telecamera. Oltre alla domanda posta alla popolazione che incontra relativa alla possibilità di offrire il proprio corpo ai tigrotti affamati, Pasolini affronta anche le tematiche legate alla presenza delle caste, dell’industrializzazione e della sterilizzazione. Per quanto riguarda proprio quest’ultimo punto, ecco le parole di Pasolini:

Ecco il villaggio di Bhavarli. Ci siamo entrati quasi clandestinamente, timorosi di rompere chissà quale incanto. Il villaggio era immerso in una profonda pace meridiana. Una pace preistorica che non è priva di una certa dolcezza, quasi elegiaca. Gli abitanti del villaggio ci hanno accolto sorridendo. Con grande dolcezza e uno spirito di ospitalità addirittura commovente, essi ci hanno accolto e sorriso. Ci hanno mostrato come lavorano, quali siano le loro tecniche, che sono le stesse di due, tremila anni fa. Ma quando abbiamo chiesto loro di parlarci sulla sterilizzazione non hanno voluto saperne. […] Sono estranei a questo problema. 

Sono, inoltre, presenti delle brevi interviste ad agricoltori, intellettuali, a una consigliera comunale di Bombay, al segretario del Partito Comunista indiano, al direttore, al vice direttore e a un redattore di «Times of India», a un romanziere e a uno sceneggiatore.

Sebbene il progetto iniziale fosse un altro, con questa opera nel suo farsi, in itinere, fatta di “appunti”, Pasolini ci consente di fare un interessante viaggio nell’India degli anni Sessanta, di immergerci, seppur per poco più di mezz’ora, in un’altra cultura e in un contesto sociale di cambiamento. L’India è qui passato e presente, tradizione e occidentalizzazione, leggenda e realtà.

Francesca Bella

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