A più di settant'anni dall'inizio del suo dominio quasi incontrastato come mezzo di diffusione di notizie ed intrattenimento, ci si può permettere di tirare alcune somme sul ruolo odierno del talk show nel dibattito pubblico.
Oggi questo format è ancora abbondantemente in auge, come dimostrato dalla ricca offerta e da centinaia di migliaia di ascolti ogni sera, ma questo dato non può che far riflettere su diversi aspetti legati allo stato di salute dell'informazione italiana.
Sì perché oggi, non appena ci si sintonizza su un qualsiasi talk generalista in prima serata, ciò in cui ci si imbatte è un bizzarro coacervo di ospiti, applausi a gettone e commentatori invitati a dibattere di una miriade di argomenti complessi, disarticolati e condensati in pochi minuti, senza soluzione di continuità; si è catapultati in un salotto televisivo nel quale il lasso di tempo per ogni intervento è talvolta di appena una ventina di secondi, prima che il conduttore tolga la parola all'opinionista di turno, rendendo il tutto assai caotico.
Ciò che viene prodotto da queste trasmissioni - inutile sottolinearlo - ha ben poco a che vedere con l’approfondimento e la divulgazione, ma gratta tutt'al più la superficie, prestandosi esclusivamente alla frase ad effetto, alla banalizzazione accattivante; quella che parla alla pancia e non alla testa, in linea con la soglia dell’attenzione media del pubblico, degna di un pesce rosso o di uno scimpanzé.
Quando si parla di talk show oggi, nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di prodotti d’intrattenimento puro, di grandi rappresentazioni teatrali fondate sull’invettiva, sul conflitto e sul botta e risposta immediato, nonostante vengano sistematicamente spacciati per prodotti culturali.
A questo proposito, un problema di importanza primaria è quello legato alla legge n.28 del 22 febbraio 2000, relativa al par condicio, e agli stratagemmi adottati dalle trasmissioni televisive per aggirarla.
Questa legge dovrebbe assicurare che tutte le parti siano prese in causa, tutelando un principio di imparzialità, ma poiché questi show sono tutti più o meno faziosi, il risultato è che si vedono attuate tutte le strategie di preferenza più subdole ed arbitrarie per screditare o avvalorare una tesi o un personaggio, pur ostentando un trattamento equo.
Quando un talk ha una linea politica ben precisa (e quasi sempre ce l'ha), ecco che viene messa all'angolo la voce antitetica a quella linea; il conduttore schierato incalza l'ospite sgradito con domande volutamente mal poste e gli concede quindici secondi per rispondere, oppure gli sguinzaglia contro numerosi contraddittori per non consentirgli di esprimersi correttamente. Lui stesso si attiva sovente per smentire unilateralmente una parte, venendo meno al proprio ruolo di moderatore sopra le parti.
Nel contesto trash del talk show generalista vi sono altri due ruoli peculiari: il primo è la “vittima sacrificale”, cioè colui il quale, pur consapevole del fatto che verrà crocifisso in presa diretta, accetta di esporsi alla ridicolizzazione pubblica, dietro compenso di ricchi contratti e lauti cachet. Il secondo è il “disturbatore”, la cui sola funzione consiste nel punzecchiare, interrompere e tentare disperatamente di far innervosire l'agnello sacrificale che parla, alimentando quella “caciara”, tanto utile alle leggi di mercato che governano “l'informazione”.
Questo ci porta direttamente ad un secondo, grande problema accennato pocanzi, legato al fatto che i talk show, pur spacciandosi per prodotto culturale con la pretesa di informare, sono in realtà il più delle volte dei prodotti di intrattenimento spiccio, il cui fine ultimo non è istruire o informare, ma monetizzare. Di conseguenza i contenuti, che necessitano di adattarsi ad un mercato multimediale sempre più veloce, sono orientati alla fruizione da parte di un pubblico mediamente distrattissimo, che non dedica completa attenzione a nulla che non li solleciti continuamente, e che spesso e volentieri risponde solamente ad una determinata tipologia di stimoli, piuttosto beceri e ben lontani dalla prospettiva di un’informazione utile e costruttiva.
Chi è invitato ad una trasmissione del genere (e non solo) questo lo sa bene, ed ecco che queste piattaforme diventano il trionfo della retorica, dell'insulto, della gara a spararla più grossa di tutti gli altri. In questo genere di confronti “vince” chi è più carismatico e chi sa adattarsi meglio alle tempistiche lampo del talk odierno, e non necessariamente chi sostiene la tesi corretta.
Una parentesi a parte sarebbe da dedicare allo standard dei servizi da talk show, che il più delle volte consistono nell’intervistare i più illustri intellettuali che sostengono il concetto che si vuole glorificare o, di contro, i più imbarazzanti e meno qualificati ciarlatani, quando sostengono il concetto che si vuole confutare.
Ma ad ogni modo, il tema problematico del talk show, che coinvolge tutte le latitudini politiche, è importante soprattutto come spunto di riflessione per chiedersi se la dialettica (intesa in senso generale) possa essere una forma comunicativa valida per esprimere e trattare problemi complessi e sfaccettati.
Indubbiamente esistono molte forme di dibattito a voce più utili e costruttive di quella trattata sopra, ma la dialettica è in qualche misura sempre e comunque un sistema soggetto a varie criticità che possono intaccare o fuorviare la credibilità dei messaggi veicolati.
Il carisma individuale è certamente uno dei fattori che influenzano la ricezione di un concetto, così come possono influire le proprietà di linguaggio, gli status individuali, l’ambiente o altri caratteri soggettivi anche più banali.
E allora la dialettica è inutile? È da considerare superata?
Assolutamente no. Questo discorso, in primis, ha lo scopo di evidenziare alcune lacune (portate all'esasperazione nei talk show televisivi) di un medium che in alcuni casi potrebbe essere sostituito da altri, come la scrittura. Quest'ultima, con un po’ più di sforzo, può favorire un'analisi dei dati più fredda e metodica e meno “a sentimento”. D'altronde, l'arte oratoria è intrinsecamente anche l'arte della persuasione; un grande oratore può anche essere totalmente privo di contenuti, ma al contempo riscuotere successo nell'imbonire e nel convincere, ed il punto focale di questa riflessione è proprio fra forma e sostanza.
Quanto ai talk show di oggi?
Questi dimostrano in maniera chiara come la dialettica possa rivelarsi totalmente fallimentare.
Il problema lì sta alla radice, e sarebbe forse opportuno chiarire la funzione delle cose ed iniziare a chiamarle con il proprio nome. Non si dovrebbe affibbiare ad alcuni talk show da quattro spicci la definizione di “informazione”, perché l’informazione è informazione, mentre lo spettacolo è spettacolo. Certi ibridi tra queste due categorie vanno facilmente a scadere nella feccia. E la feccia - se si nutre rispetto per la cultura e per la verità - sarebbe forse il caso di iniziare a scartarla, in favore di qualcosa di migliore.
Ivan Bruzzichini
1 commento:
Argomento davvero interessante e molto spesso poco discusso. Molto spesso si parla di prodotti trash, ma ben poco si punta l'occhio verso i talk show, che si avvicinano sempre di più alle prime categorie. Si è persa la natura del dibattito per fare prevalere quella della "ragione a tutti i costi"
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