L’uomo invisibile è uno dei romanzi più famosi di Herbert George Wells, insieme alla Macchina del tempo e La guerra dei mondi. Con i suoi romanzi scientifici scritti nell’ultima parte del XIX secolo, Wells getta le basi per quello che si svilupperà come genere fantascientifico nel corso del secolo successivo, il Novecento. Lui che aveva studiato a fondo la chimica, la fisica, la matematica, la biologia e la zoologia, concepisce l’applicazione di alcuni principi e teorie scientifiche in termini fantastici, trasferendo il tutto in ambito letterario. È importante dire che, nel contesto specifico della fantascienza, il fantastico è tale perché relativo a qualcosa che nella realtà attuale non esiste, o non è stato ancora possibile realizzare, ma che non si esclude possa appartenere a una realtà futura. È come se Wells si chiedesse: cosa potrebbe accadere se la scienza riuscisse a conseguire questo risultato? Ciò influirebbe decisamente sul futuro. Ammesso che la realtà ordinaria subisse modifiche o venisse stravolta, ciò accadrebbe sempre su basi e fatti propriamente scientifici.
È un po' ciò che sperimentano i personaggi del romanzo che vengono in contatto con l’uomo invisibile mentre la vita di tutti i giorni scorre, turbata a un certo punto da qualcosa giudicato, prima di allora, assurdo e impensabile. Prendono coscienza a poco a poco di quanto sia possibile l’eventualità che si tratti davvero di un uomo invisibile, e questa eventualità, come si capisce nel corso del romanzo dalla spiegazione che dà Griffin stesso (l’uomo invisibile), non è data da un elemento soprannaturale magico o mistico, bensì alla base vi è una spiegazione logica e scientifica.
Jack Griffin, il protagonista del romanzo, è un giovane scienziato, appassionato e ambizioso. Motivato dalla genialità unica che sostiene di possedere, trascorre molte ore in laboratorio alla ricerca di tecniche innovative e sensazionali, e così riesce ad attuare un procedimento che fa sì che gli oggetti diventino invisibili. Dopo gli oggetti Griffin passa a sperimentare sugli animali, infine procede all’applicazione su sé stesso: diventa così l’uomo invisibile.
Il grosso problema che sorge presto è che Griffin non saprà come tornare indietro, come invertire il processo e ritornare visibile, non saprà come tornare “uomo”.
All’inizio del suo esperimento Griffin studia il fenomeno della riflessione e della rifrazione della luce in relazione a un corpo o un oggetto:
«ogni oggetto trasparente diventerà invisibile, una volta immerso in un elemento con un indice di rifrazione quasi identico», e infatti le fibre e i tessuti del corpo umano sono trasparenti, privi di colore. «Pensa a tutte le cose che sono trasparenti e sembrano non esserlo!»
Per anni aveva lavorato a questa ricerca e a questo progetto come una sorta di rivalsa nei confronti di una società dalla quale si sentiva emarginato, e non perché venisse trattato male dagli altri, al contrario era lui a giudicare gretto chiunque non fosse all’altezza del suo genio mentale. In quel periodo lavorava come assistente di un professore in un collegio dove era costretto a dover tollerare i suoi sciocchi studenti, come li definisce lui. Intrinseco il suo odio verso chiunque possa ostacolare i suoi piani con la propria ignoranza. Addirittura Griffin conduce il padre al suicidio, derubandolo dei soldi occorrenti per la ricerca, e non avverte nessun rimorso per questo. Quindi Griffin si presentava “inumano” già prima di diventare invisibile, e questa estrema cattiveria scaturita dal suo sentimento di solitudine lo porta a voler dominare gli altri e assoggettarli.
A guardar bene, i due grandi vantaggi dell’invisibilità sono quelli di potersi avvicinare e allontanare non visto. Di conseguenza, si rivela particolarmente utile per uccidere. Posso girare tranquillamente... attorno ad un uomo, di qualsiasi arma egli sia in possesso, posso scegliere il punto migliore, colpirlo come voglio, schivare come voglio e poi scappare quando voglio.
Griffin vuole instaurare il regno del terrore. E in questo cerca un alleato, un suo vecchio compagno di studi, il dottor Kemp, che Griffin considera abbastanza competente da poter essere da lui spalleggiato, al contrario di altri pusillanimi che aveva ingaggiato prima. Fortunatamente Kemp si rivela l’antagonista di Griffin, la sua controparte: l’umanità di Kemp è salda e presente, inorridisce all’udire le intenzioni di Griffin e cerca di ostacolarlo nei suoi diabolici piani.
Griffin non avrà una vita facile come uomo invisibile: non può mangiare in presenza di altri perché il cibo sosterebbe nell’aria rendendolo identificabile; la neve che gli si posa addosso delinea la sua sagoma, e soffre atrocemente il freddo se va in giro senza vestiti, ma poi quando si veste e copre il viso con le bende e gli occhiali assume un aspetto grottesco, quasi da palombaro, così da sollevare sospetti; avverte spesso un forte bisogno di dormire e di riposare dato che non riesce a farlo serenamente avendo paura di essere catturato in un frangente di non vigilanza, «Ora, Kemp, mi sento come se dovessi scegliere tra il sonno e la morte».
Dunque Griffin si trova in una condizione disagiata per ciò che riguarda soddisfare i suoi bisogni primari, che quindi diventano indicibilmente importanti. Quasi come se il potere e la libertà tanto agognate dovessero comportare il sacrificio di alcune priorità e comodità essenziali.
Il progresso scientifico può paradossalmente generare un processo involutivo, una sorta di regressione umana, di decadenza. Tutto ciò che si apprende, le scoperte scientifiche e le innovazioni, quelle tipiche del periodo in cui visse Wells ma anche del nostro (vedi Intelligenza Artificiale), vanno gestite con ragionevolezza e consapevolezza, con buon senso e propensione altruistica. Altrimenti il futuro rischia di non essere così roseo come le nuove scienze danno ad intendere.
Elena Realino
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