9 aprile 2025

Lettere da Gaza, scrittori e poeti testimoni di un genocidio


A Gaza e nel resto della Palestina la mattanza va avanti senza sosta, il 30 marzo Israele ha ucciso 15 soccorritori palestinesi giunti sul posto dopo un bombardamento: un'esecuzione in piena regola, tanto che al termine hanno seppellito corpi e automezzi. La vicenda tuttavia ha avuto maggior risalto a causa di un video che inchioda le colpe dell'esercito Israeliano.
Sappiamo quanto i media ufficiali raccontino con molta parzialità, spesso omettendo e ignorando fatti e vicende a danno dei palestinesi. Per questa ragione l'unico modo che abbiamo per toccare la sensibilità di tutti, oltre alle atroci immagini e ai video, sono le parole dei protagonisti a colpire di più. In questo articolo pubblichiamo alcune poesie e testi di palestinesi che con forza raccontano la loro dolorosa esperienza sotto le bombe.



Hind Joudah è una poetessa dal campo profughi di Al-Breij, Gaza. Chiaramente non sappiamo se sia ancora viva e se sì per quanto tempo potrà esserlo ancora. Le sue poesie vanno dritto al cuore e coinvolgono emotivamente il lettore con una capacità senza pari. 

30 ottobre 2023
Cosa significa essere un poeta in tempi di guerra?
Significa chiedere perdono…
scusarsi profondamente
con gli alberi bruciati
con gli uccelli senza nido
con le case demolite
con le lunghe crepe lungo le strade
con i bambini pallidi prima e dopo la morte
con i volti di ogni madre triste o assassinata.

Cosa significa essere al sicuro in tempi di guerra?
Significa vergognarsi…
del proprio sorriso
di stare al caldo
dei propri vestiti puliti
delle tue ore di ozio
degli sbadigli
di una tazza di caffè
di dormire sonni tranquilli
di avere vivi i propri cari
di avere lo stomaco pieno
di avere acqua disponibile
di avere acqua pulita
di poter fare la doccia
E di essere vivo, per puro caso!
Oh Dio,
non voglio essere un poeta in tempi di guerra. 

3 dicembre 2023
Ciao mondo
Sono lì,
intendo qui
sì, proprio qui a Gaza!
Sotto questa massa grigia
un istante fa, urlavo
ma l'ultimo missile
mi ha fatto volare da te
per dirti ciò che non sei in grado di comprendere!

Oh mondo, è una serata di fame
non necessariamente nel mio stomaco
e non la fame di quel pane che tu elimini per la dieta!
Non una fame per il misero aiuto che hai inviato nei container per i miei figli.
Sono rimasta al crocevia dei fucili, e non è arrivato!
Non sono solo le file di persone affamate,
né le ossa sporgenti degli affamati,
ho fame di me stessa!
Ero affamata di me come essere umano,
prima che il tuo prossimo missile mi divori!

Oh mondo, è una notte folle,
cosa pensi mentre guardi in silenzio, fingendo di capire?
Annuisci,
batti il tuo martello
per decidere per me una tregua umanitaria
Oh, grazie
sorriderò con gratitudine,
riderò esponendo tutti i miei denti,
ridero’, riempiendoti le orecchie di singhiozzi,
ma dimmi:
almeno vedi?

Una serata di oscurità
cosa sai del freddo che ha congelato le mie membra
mentre smonto i resti degli armadi
per alimentare il fuoco!
Ho bruciato libri di scuola, vestiti estivi,
e teschi
e il terribile suono delle esplosioni
a me non importa più
proprio come a te!

Oh vita, è una serata di morte
credo nella tua incredulità
sono arricchita dal tuo fallimento
e sono risorta con la tua caduta
sono quella nell’abisso
senza fratelli
i tuoi lupi mi hanno mangiato e strappato i vestiti
sono oppressa dalle delusioni e dalla tua bruttezza, o mondo
grazie per l'ultimo missile,
ha risparmiato alla strada lamenti senza fine.


Ebraheem Matar è un medico del reparto di terapia intensiva dello Al Aqsa Martyrs Hospital di Gaza. I suoi scritti raccontano il punto di vista dei medici che curano feriti e moribondi.

11 ottobre 2023
Diario di un testimone di guerra e medico negli ospedali di Gaza. 

Dio, ho visto tutto quello che c’era da vedere. Ho visto persone correre in ospedale dopo i bombardamenti ricoperte di sangue, sabbia e cenere. Ho visto i loro volti, colmi di sconcerto di fronte all'orrore degli eventi, come se dallo shock il terrore fosse tale da non farli rendere conto di cosa fosse appena accaduto. Ho visto i loro corpi smettere di respirare per colpa del fumo degli incendi penetrato in gola, o perché l'acciaio aveva strappato la carne dal loro petto.

Ho visto arrivare corpi che sputavano polvere, come spugne immerse nella cenere. Ho visto bambini sanguinare ed entrare in coma, perché pesanti pietre erano rovinate sulle loro fragili teste. Ho visto feriti i cui colori, tratti e nomi erano stati cambiati, perché ci sono volte in cui è impossibile identificarli. Dicono: “Puliamogli il viso dalla polvere, magari saremo in grado di riconoscerlo”. Lo fanno, per scoprire che è nient’altro che quello, l’uomo semplice e gentile che era rimasto seduto in casa sua perché non aveva altro posto dove poter fuggire. 

Ho visto madri correre nei corridoi, piangendo come se il mondo intero fosse collassato nel loro cuore, affannate da domande opprimenti, urlando: “Sono vivi? Chi è sopravvissuto? Dove sono i miei figli? Oh, Dio, sono tutto ciò che ho”.

[...]

Ho visto persone discutere e scambiarsi opinioni sulle notizie, sulla politica, sul destino di questa guerra, per poi diventare loro stesse notizie nei report giornalistici. Ho visto gli stessi colleghi che saluto al mattino venire consolati la stessa sera per la morte dei loro familiari. Mi sono seduto con qualcuno che parlava da solo, chiedendosi: “Se tutti questi feriti e morti erano come noi un’ora fa, se solo poco fa erano vivi, allora quando verrà il nostro turno?”

14 ottobre, 2023
Un altro tipo di vittime di guerra, oltre a chi viene colpito direttamente. 

Oggi, un uomo di circa sessant'anni con una patologia cardiovascolare è arrivato in ospedale. Aveva avuto di un attacco acuto di angina, che lo aveva portato a una brusca diminuzione della circolazione sanguigna e a un arresto cardiaco. 

Ma com’è successo?

È stato sfollato, e viaggiando da Gaza verso sud in auto con i suoi figli aveva assistito allo schianto di un missile sulle teste degli sfollati che si muovevano lungo la Salah al-Din Street. Oltre al dolore che doveva aver provato nel dover lasciare la sua casa e la sua città per dirigersi a sud, era stato sopraffatto dalla paura, dallo stupore e dallo sconforto. 

La verità è che qui ci sono vittime di altro tipo, quelle che non sono state ferite direttamente. Si tratta di esseri umani, che reagiscono agli eventi e sono terrorizzati proprio come sarebbe qualsiasi altro essere umano. Il loro livello di terrore, dolore e disperazione è tale da poter mandare in completo arresto i loro cuori. 


Noor Al-Deen è uno scrittore. Il suo romanzo, Le ali che non volano, è stato pubblicato nel 2021 e nel 2022 è stata rappresentata la sua prima opera teatrale, The Grey Ones. È stato ucciso in un massacro israeliano ad al-Shuja'iyya il 2 dicembre 2023.

16 ottobre 2023
Diari di sfollamento nel sud di Gaza.

L'altra faccia della morte, della distruzione e della paura.

Mi addormento alle quattro e mi sveglio un minuto dopo per scoprire che sono le sei passate. Vado in panetteria, dove c'è una lunga fila di esseri umani, in piedi ad aspettare, e dopo tre ore e mezza in più rispetto alla quantità di sonno che ho avuto, arrivo al mio turno. Mi viene detto che non posso prendere più di un  pacco di pane. Cerco di spiegare la mia situazione, ma non mi ascolta. Gli dico che siamo stati sfollati, che siamo ospitati da una famiglia, che siamo in settanta, compresi i bambini, e che nemmeno due pacchi di pane basterebbero, così mi dice che posso tornare indietro e rimettermi in fila se ne voglio di più. Prendo il pane, mormoro una preghiera e me ne vado.

Arrivo alla casa dopo mezz'ora di cammino e mi dicono che hanno bisogno di acqua. Prendo la tanica, vado alla stazione di filtraggio dell'acqua e mi unisco a una coda più lunga della precedente. Tre ore dopo è il mio turno. Torno a casa dopo una lunga giornata e dico ai bambini che un bicchiere d'acqua è sufficiente; non sprecatelo. Mi sdraio sul divano per riposare un po', poi mi dicono che è quasi ora di cena e che vogliono pane e cibo dal supermercato, così torno a fare altre code, altre attese e altra de-umanizzazione.

La sera prometto che tornerò alla casa di al-Shuja'iyya al mattino, ma dieci minuti dopo ridistribuiamo lo spazio disponibile, per sfruttare al massimo ogni centimetro in cui un bambino o un adulto potrebbe dormire - anche i corridoi e l'ingresso - e copriamo il pavimento del minuscolo appartamento con trenta corpi. Ci assicuriamo che le donne e i bambini abbiano tutti spazio, poi ci distribuiamo, due dormono sul divano e due restano svegli nel caso in cui accada qualcosa, Dio non voglia, in modo da svegliare rapidamente tutti gli altri, non che sia necessario, perché dopo quindici minuti o mezz'ora di sonno, ci sveglieremo comunque tutti al suono di pesanti bombardamenti, e i bambini piangeranno finché le loro madri non li rimetteranno a dormire... E così via, finché non si fa giorno e il ciclo ricomincia.


Questi testi sono estratti dal sito Passages Though Genocide un sito che raccoglie le testimonianze palestinesi e che invita a diffonderli affinché il mondo conosca le loro storie. Anche noi, nel nostro piccolo proviamo a mantenere viva la loro memoria.

Nessun commento:

Posta un commento

Si ricorda che i commenti sono soggetti ad approvazione dell'amministratore, pertanto potrebbero essere necessari alcuni giorni prima di visualizzarli.